La Cassazione con la sentenza n. 156 del 2022 ha ritenuto colpevole nel reato dichiarativo, in concorso con il cliente, il commercialista che teneva la contabilità ed aveva inviato le dichiarazioni annuali di due società considerate come “cartiere” a seguito di una verifica della Gdf.
Nella sentenza si legge che i giudici: “Hanno, poi, rimarcato che: il ricorrente era a conoscenza di varie anomalie concernenti la contabilità delle società, quali la presenza di numerose autofatture (con identità di nome tra cedente ed acquirente) per importi rilevanti e prelievi di somme in contanti dell’importo oscillante tra 10.000,00 e 30.000,00 euro al giorno; tali anomalie gli erano state più volte segnalate dalla sua dipendente DS, che, sotto le direttive del medesimo, curava la registrazione delle fatture; il L, pur rilevando tali anomalie ed essendo consapevole della necessità della presentazione delle autofatture all’Agenzia delle Entrate e della segnalazione alla Guardia di Finanza per i prelievi in contanti, non si attivava in tal senso, ma proseguiva nell’assistenza fiscale delle società per il timore di perdere clienti (come dallo stesso dichiarato in sede di esame), così contribuendo all’attuazione del meccanismo fraudolento che aveva consentito all’amministratore delle società di avvalersi di documentazione fittizia .”
La Cassazione apre una porta che conduce ad un passaggio davvero pericoloso. Non è più rilevante che il commercialista offra il proprio apporto professionale per realizzare l’illecito, ma viene ritenuta sufficiente una volontà fraudolenta ad aderire al reato commesso dall’attore principale.
Insomma i Supremi Giudici ritengono che il dolo specifico dell’illecito si possa configurare anche in un comportamento “pilatesco” ma consapevole, infatti il collega sapeva di dover segnalare i prelievi in contanti, ma non lo ha fatto ed ha così contribuito alla attuazione della frode.
La condotta della collaboratrice che registrava la contabilità invece è stata considerata legittima, sia perchè agiva sotto le direttive del commercialista, sia perchè gli aveva più volte fatto presente la situazione.
Nonostante i riferimenti circostanziati e provati nel caso specifico trattato dalla Cassazione, il tema è che aperta una porta potrebbero riversarsi all’interno dei locali altri casi, nei quali si potrebbero rinvenire altre tracce di una “consapevolezza adesiva” anche se esterna ma collaborativa, che al momento non sembra avere perimetro giuridico certo.
Insomma per la mancata segnalazione dei prelievi in contanti, illecito amministrativo, il Dlgs 231/2007 prevede una sanzione che va da 3.000 a 15.000 euro, senza altro coinvolgimento del professionista contabile, almeno finora, dunque il collega a priori non riteneva di poter incorrere in eventuali ulteriori sanzioni, men che meno di rilievo penale.
Certo che se l’ambito delle responsabilità penali per la tenuta contabile si amplia a dismisura occorrerà fare più di una riflessione sulle procedure che gli studi dovranno utilizzare per evitare di incorrere in guai seri.
Dr. Mauro Finiguerra
Sentenza Cassazione n. 156/2022